Previdenza 1-Tutto cominciò con la riforma Amato
 Lunedí 28 Luglio 2003
PREVIDENZA MANCATA
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Tutto cominciò con la riforma Amato
 Previdenza mancata - Undici anni fa iniziava il lungo processo di cambiamento del sistema pensionistico ancora oggi in corso
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La stagione delle riforme delle pensioni iniziò con la delega al Governo prevista nell'articolo 3 della legge 421/1992 di cui vale la pena ricordare gli aspetti salienti. L'età pensionabile più elevata e i limiti alla pensione di anzianità sono stati obiettivi primari, anche se le pensioni anticipate continuano a costituire un problema. La legge 421 ha previsto anche una revisione del calcolo della pensione retributiva, dei limiti al cumulo pensione reddito da lavoro, dei requisiti per il trattamento minimo e della perequazione automatica, modifiche dalle quali non sempre sono derivati i risultati necessari. Pensioni di vecchiaia. In tutti gli ordinamenti l'età per la vecchiaia è stata fissata a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, unitamente al minimo contributivo portato a 20 anni; resa obbligatoria la cessazione del rapporto di lavoro in atto per liquidare la rendita, valorizzando la funzione sostitutiva del reddito che ha la pensione. Le variazioni sono avvenute gradualmente in un periodo transitorio ormai concluso, e hanno determinato un risparmio concreto nelle spese, accentuato nell'immediato dal numero ridotto di pensioni liquidate nel periodo stesso. La flessibilità fra i 57 e 65 anni ha costituito la novità delle pensioni nella forma contributiva; l'età di partenza risulta però bassa e sarebbe opportuno un aumento dell'aliquota di rendimento sino a 70 anni. Pensione di anzianità. Gli interventi su tali pensioni hanno incontrato le maggiori resistenze. Alcune direttive contenute nella legge 421 e attuate, come la necessità di cessare il lavoro autonomo per la liquidazione, sono state revocate dopo breve tempo, e anche la incompatibilità con tale forma di lavoro nel godimento della rendita è stata attenuata nel tempo. Priorità ha avuto la salvaguardia delle esigenze di bilancio, raggiunta facilmente con provvedimenti temporanei come la sospensiva alle liquidazioni, attuata al termine del 1992 e ripetuta dopo due anni, con effetto per gli interessati di ritardare la pensione, senza intervenire sui requisiti, come si fece poi in seguito con finalità di armonizzazione delle regole. Nella liquidazione retributiva il periodo per la rilevazione della retribuzione o del reddito pensionabile venne ampliato a dieci anni e ridotte le aliquote di rendimento per le fasce alte di retribuzione; i due provvedimenti restrittivi sono stati però in gran parte neutralizzati dal nuovo criterio più favorevole di rivalutazione delle retribuzioni percepite negli anni pregressi; gli effetti sono stati concreti nelle gestioni che godevano della pensione determinata sulla ultima retribuzione e con aliquote di rendimento favorevoli, ma sono stati quasi irrilevanti nell'assicurazione obbligatoria. La salvaguardia del maturato ha determinato la liquidazione della pensione in due quote, o anche più nelle gestioni che hanno subito le innovazioni con maggior gradualità, come per i dipendenti pubblici o in altri Fondi speciali, con normativa non sempre agevole agli utenti. Le nuove disposizioni sul cumulo, limitate alle nuove liquidazioni dal 1994, con trattenuta del 50% della quota di pensione eccedente il minimo in presenza di qualsiasi reddito da lavoro anche in forma autonoma, sono state rettificate prima della loro entrata in vigore e in seguito modificate in senso sempre più favorevole, privando di ogni efficacia tale possibile disincentivo al pensionamento. La integrazione al trattamento minimo, subordinata anche al reddito del coniuge a partire dalle rendite liquidate dal 1993, ha subito gradualità nella applicazione e variazione alla misura del reddito del coniuge per la esclusione. La perequazione automatica è stata stabilita dal Dlgs 503 con periodicità solo annuale e sulle sole variazione del costo della vita, nella misura prevista per le retribuzioni, con criterio valido per tutte le gestioni. La necessità di contenere la spesa previdenziale ha determinato più volte il blocco degli aumenti per le pensioni superiori a un determinato importo o la riduzione della aliquota di aumento per le fasce di importo della rendita. Le procedure sul contenzioso hanno avuto modifiche con urgenza nel Dl 384/1992: è stato ridotto da dieci a soli tre anni il termine di decadenza per i ricorsi in materia di pensioni e a un anno per le altre prestazioni e abrogato il previsto esonero dal pagamento delle spese in caso di soccombenza del lavoratore ricorrente. La Corte Costituzionale ha però successivamente, con sentenza 20/1994, escluso i nuovi termini del ricorso per i procedimenti non ancora definitivi, ritardando la piena entrata a regime della innovazione per quasi un decennio; con la decisione n 134 del 1994 ha dichiarato illegittima l'abolizione dall'esonero delle spese, per assenza di una distinzione fra lavoratori abbienti e non. Lavori usuranti. La possibile tutela previdenziale per i lavoratori addetti ad attività usuranti e la disciplina delle pensioni complementari hanno costituito disposizioni innovative rispetto alla normativa preesistente.
DOMENICO FABRIZIO DE RITIS
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