Rete impresa Italia La scommessa e il primo esame
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Per un periodo tutto sommato lungo le nostre élite hanno pensato e detto che la modernizzazione passava per una riduzione del ruolo della rappresentanza. Per loro thatcherianamente «la società non esisteva» e guai a darle voce. Quest'idea si è abbinata a un'altra illusione, quella che la riforma bipolare del sistema politico bastasse di per sé a migliorare la qualità della nostra democrazia. Meno corpi intermedi uguale decisioni più rapide e cristalline. Il tempo, però, è stato galantuomo e ha dimostrato come l'una e l'altra convinzione fossero perlomeno ingenue, sicuramente errate. La qualità della politica italiana in questi anni non si è elevata e la distanza tra classi dirigenti e cittadini si è addirittura allargata, come dimostrato se non altro dal tasso crescente di astensionismo elettorale. Ergo, converrà battere altre strade. E se si vuole— come è giusto— riprendere il cammino verso la modernità lo si potrà e dovrà fare producendo consenso, elevando la qualità della rappresentanza e cercando per questa via di ridurre la distanza tra le élite e la bistrattatissima pancia del Paese. Sono queste alcune delle considerazioni che vengono in mente a proposito della nascita di «Rete Impresa Italia», un'organizzazione che ha dietro due milioni di aziende, punta a toglierle dalla loro condizione di invisibilità e inserirle con forza nel circuito decisionale. Sì, perché gli schemi del Novecento, il fordismo politico imperniato sulla grande impresa e il grande sindacato, si sono rivelati un format inadeguato per i nuovi tempi, per rappresentare la complessità sociale testimoniata da quattro milioni di piccole imprese e otto milioni di partite Iva. Siamo il Paese del lavoro autonomo, ma i protagonisti, i lavoratori autonomi, contano poco, pochissimo, sono ancora considerati un'anomalia da disincentivare.
Neanche la scelta del nome è stato un passaggio semplice nel percorso di aggregazione delle cinque associazioni del Capranica. Scartati nomi suggestivi come Agorà, Coralia, Itaca, si chiamerà «Rete Imprese Italia» il nuovo organismo che rappresenterà più di due milioni di commercianti, artigiani e piccole imprese. A guidare l’associazione sarà un portavoce unico, scelto tra i presidenti delle cinque organizzazioni che ruoterà ogni sei mesi. Il primo timoniere sarà Carlo Sangalli, il presidente di Confcommercio, poi toccherà a Ivan Malavasi (Cna), Marco Venturi (Confesercenti), Giorgio Guerrini (Confartigianato) e Giacomo Basso (Casartigiani). È prevista la creazione di un «ufficio politico» che sarà l’organo esecutivo dell’alleanza e sarà composto da dieci persone: ne faranno parte i cinque presidenti e i loro direttori generali. Tutto già deciso, invece, per la Fondazione che sarà guidata, come previsto, da Giuseppe De Rita.