Roma: La tratta delle colf ucraine
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Mercoledì 16 maggio 2001 |
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Cronaca di Roma
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La tratta delle colf ucraine
Centinaia di donne entrate col visto turistico venivano vendute a 2-3 milioni
Colf, ma non solo. Centinaia di giovani ucraine, arrivate in Italia sognando il benessere, sono state vendute per essere utilizzate per le faccende domestiche ma anche come oggetti sessuali. Vere e proprie schiave per ogni bisogno. Molte sarebbero finite anche sul marciapiede. L’ignobile traffico, una «vera e propria tratta» secondo il colonnello dei carabinieri Vittorio Tomasone, era gestito da un pensionato delle Poste e dalla sua convivente ucraina. I due - D. V., 62 anni, e M.M., 46 anni - sono stati arrestati. In carcere anche un connazionale della donna - M. O., 25 anni - che portava le ragazze in Italia. Almeno 250 negli ultimi otto mesi, che avrebbero fatto incassare oltre mezzo miliardo alla coppia. L’operazione denominata «Lvov», dalla città d’origine degli ucraini ammanettati e di gran parte delle ragazze ridotte in schiavitù, non è ancora conclusa. I militari della sezione del Nucleo operativo di via In Selci comandati dal capitano Antonio Lazzaroni stanno infatti continuando le indagini, coordinate dal pm Antonella Nespola, per individuare, non solo nella capitale, gli eventuali altri complici del pensionato e della sua convivente. Le «nuove schiave», tutte provenienti da povere località dei dintorni di Kiev e Lvov venivano reclutate da pseudo-agenzie turistiche con allettanti promesse di lavoro. Pagando 750 dollari - in Ucraina l’equivalente di oltre sette mesi di lavoro - le giovani donne ottenevano di venire in Italia con un visto turistico valevole quindici giorni. Il viaggio avveniva sui pulmini che trasportano prodotti tipici di quel Paese agli immigrati. Almeno due a settimana, tra le notti di sabato e lunedì, ciascuno con un carico di tre-cinque donne. L’arrivo era sempre all’Ostiense, nei pressi della Piramide; poi le giovani venivano portate alla Magliana, a casa del pensionato, che le «ospitava» per qualche giorno in cambio di altri 350 dollari. Il tempo necessario per contattare gli aspiranti clienti - pensionati, vedovi o comunque uomini soli - che in genere rispondevano ad annunci pubblicati su alcuni periodici romani. Le ragazze venivano proposte ai clienti in apposite sfilate, durante le quali gli acquirenti avevano la possibilità di metterle a confronto per scegliere quella che ritenevano più adatta alle loro esigenze. Il prezzo di ognuna oscillava da uno a tre milioni, in qualche caso anche fino a cinque milioni. Dipendeva dall’età e dall’avvenenza della giovane prescelta, ma anche dalla durata della prestazione. Ai clienti più affezionati la coppia forniva la «merce» con una clausola tipo «soddisfatti o rimborsati»: se le loro aspettative venivano disattese (magari perché la ragazza si rifiutava di fare sesso), se la riprendeva indietro e ne forniva un’altra. In ogni caso, hanno accertato i carabinieri, nessuna veniva retribuita. Non solo, secondo gli investigatori, chi comprava le ragazze era spesso convinto di non fare un’azione illegale. Se i carabinieri non avessero cominciato ad indagare sugli strani arrivi alla Piramide, forse non avrebbero mai scoperto l’ignobile traffico. Private dei documenti, ricattate e spaventate, le ragazze non avevano il coraggio di denunciare la condizione in cui versavano. Ne hanno trovato addirittura una che in quattro mesi non era mai uscita dall’abitazione del «padrone».
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Piero Bongini
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 Cronaca di Roma
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 © Corriere della Sera
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