 |
lunedì 5 settembre 2005
CLASSIFICA NEL BELPAESE 135 GIORNI DI STOP OGNI MILLE LAVORATORI, MEDIA UE A 44
Scioperi, siamo leader nell’Unione europea
Peggio di noi solo la Spagna, pesano i ritardi nel rinnovo dei contratti
ROMA L'Italia è fra i Paesi europei con il maggior numero di scioperi e di lavoratori coinvolti. Il nostro Paese figura fra i tre Stati membri dell'Unione europea con il più elevato livello di conflittualità nelle relazioni industriali, insieme con Spagna e Austria. Motivo principale delle proteste sono i rinnovi dei contratti nazionali di categoria; i settori maggiormente interessati sono le banche, le assicurazioni, il pubblico impiego, il trasporto locale e quello aereo. È quanto emerge da uno studio dell'Osservatorio europeo sulle relazioni industriali (Eiro) dedicato agli anni 2000-2004.
Nel quinquennio, in Italia sono state perse per scioperi in media ogni anno 135 giornate di lavoro ogni mille occupati. Un dato secondo solo a quello della Spagna (220) e ben al di sopra della media Ue pari a 44 giornate, che sale a 58 limitandosi a considerare i vecchi quindici Paesi membri ma scende a 19 se si guarda solo ai dieci Paesi entrati nel 2004. E sono proprio due dei nuovi Stati membri, Polonia e Lituania, a evidenziare i valori più bassi (rispettivamente 2 e 3 giornate ogni mille occupati).
Complessivamente, nel 2003 in Italia sono stati persi quasi 1,9 milioni di giorni lavorativi per 708 scioperi (117 giornate ogni mille occupati) ai quali hanno aderito quasi 2,5 milioni di lavoratori.
In generale, osserva l'Eiro, le relazioni industriali in Europa appaiono meno conflittuali oggi rispetto a vent'anni fa. Tanto da far parlare, dopo il 2000, di un periodo di relativa pace industriale. Nella prima metà degli Anni Ottanta, in Paesi come l'Italia, la Grecia, la Spagna, il Regno Unito e l'Irlanda, la media raggiungeva le 400 giornate lavorative perse all'anno ogni mille occupati. E anche Francia, Danimarca, Portogallo e Lussemburgo sfioravano le 100 giornate.
Il numero di scioperi e quindi di lavoratori coinvolti e giornate perse può variare anche di molto. Resta tuttavia, sottolinea lo studio, un indicatore importante per misurare il livello di conflittualità nelle relazioni industriali di un Paese. «Se alcuni esperti - si legge nel testo - lo considerano come un aspetto fisiologico del sistema nazionale, secondo altri, almeno al di sopra di certi livelli, può metterne in evidenza malfunzionamenti ed elementi patologici».
Se infondo alla classifica troviamo le citate Polonia e Lituania, anche Cipro, Malta, Estonia, Germania, Lussemburgo, Portogallo e Paesi Bassi non hanno superato i 20 giorni all'anno ogni mille lavoratori. Hanno un livello moderato di conflittualità, con una media di 20-70 giornate perse, Danimarca, Finlandia, Francia, Ungheria, Irlanda, Slovenia, Svezia e Regno Unito. Come detto in testa alla classifica si trova la Spagna seguita dall’Italia e al terzo posto c’è l’Austria. Se si considera, in particolare, il 2003, il numero più alto di giornate perse per sciopero ogni mille occupati è evidenziato proprio dall'Austria (410), seguita da Svezia (162) e Italia (117). Il valore più basso (esclusa la Lituania, che non registra proteste nell'anno) si segnala in Ungheria e Polonia, con cifre al di sotto dell'unità (rispettivamente, 0,3 e 0,7). Complessivamente, nel 2003, in Italia gli scioperi hanno fatto perdere quasi 1,9 milioni di giornate di lavoro ma il picco era stato raggiunto l'anno precedente con 4,9 milioni di giornate, contro poco più di 1 milione del 2001 e solo 884 mila del 2000.
|
 |