Sicilia, le terme in affanno
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giovedì 29 marzo 2007
Pagina 20 - Turismo
Ultima chiamata per il salvataggio. Anche il network regionale è bloccato
Sicilia, le terme in affanno
Acireale e Sciacca a un passo dal fallimento
di Andrea Naselli
Acque termali agitate in Sicilia. Mentre in tutta Italia il settore è in pieno sviluppo, sull'isola soffiano venti di crisi e poco o nulla si fa per la valorizzazione delle numerose strutture. L'esempio eclatante è costituito dalle terme di Acireale e Sciacca che proprio in questi giorni, dopo avere accumulato situazioni debitorie per oltre 10 milioni di euro, rischiano di portare i libri in tribunale.
Per le due strutture era stato attivato un percorso di privatizzazione nel 1999, in realtà mai portato a termine. Ora il tavolo tecnico, appositamente insediato all'assemblea regionale, ha predisposto un nuovo disegno di legge dopo le osservazioni del commissario dello stato e i pareri negativi dell'ufficio legale regionale circa le situazioni debitorie e lo stato giuridico del personale dipendente. Una vera e propria corsa contro il tempo per salvare due aziende pubbliche che complessivamente occupano 200 dipendenti e che da diversi anni annaspano con bilanci in rosso. ´Stiamo acquisendo tutti gli elementi utili', afferma l'assessore regionale al bilancio e finanze, Guido Lo Porto, che ha promosso il tavolo tecnico, ´e abbiamo individuato le possibili soluzioni affinché questa vicenda abbia un esito positivo'.
Nei giorni scorsi un'interrogazione parlamentare alla camera dei deputati, presentata dagli esponenti di Rifondazione comunista, Franco Giordano e Daniela Dioguardi, ha sottolineato la paradossale situazione per cui la mancata privatizzazione ha comportato la coesistenza, da un lato, delle spa che gestiscono i proventi e, dall'altro, delle aziende autonome delle terme di Acireale e Sciacca che, attraverso la regione, pagano i dipendenti. ´È chiaro che, dopo l'approvazione del disegno di legge, la regione deve attivare iniziative concrete per il rilancio delle terme', osserva il deputato regionale di An, Salvino Caputo, uno dei firmatari del nuovo ddl insieme ai colleghi Pugliese e Falzone.
Per rimettere in sesto le strutture, però, secondo alcune stime, occorrerebbe porre mano a una ricapitalizzazione che impegnerebbe risorse per circa 40 milioni di euro. Ma mentre il mondo politico è tutto proteso a evitare il fallimento, a Geraci, un piccolo centro delle Madonie, si butta dalla finestra l'opportunità di realizzare un impianto termale con una delle 19 sorgenti ancora disponibili sul territorio. Il consiglio comunale, infatti, ha rinviato a un ulteriore approfondimento il progetto di società mista presentato dal tour operator Antonio Mangia, presidente della Aeroviaggi, che a Geraci avrebbe voluto realizzare un albergo quattro stelle da 140 camere con centro benessere e impianto termale. Di fronte a queste difficoltà politiche, Mangia ha fatto dietrofront, con il risultato che il progetto è finito a mollo.
Un altro tassello che viene a mancare al progetto, in cantiere da parecchio tempo, di creare un network delle terme siciliane. Una rete che potrebbe contare su diverse bandierine. A partire dalle iniziative private che funzionano. Le terme di Acqua Pia di Montevago (Agrigento) possono contare su 20 mila presenze annue per le cure termali e 6 mila per quelle residenziali, oltre a sfornare 40 milioni di bottiglie di acqua minerale, occupando 50 persone. Il network potrebbe contare anche sulle terme private di Termini Imerese, Terme Vigliatore, Calatafimi Segesta (acque calde) e Alì Terme. A queste strutture potrebbero aggiungersi quelle di Vulcano (Eolie), Cefalà Diana e Castroreale Terme. (riproduzione riservata)
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