Solito Tremonti, solito condono
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L’immagine restituita da tutti i governi dell’Unione europea è questa: manovre straordinarie per far tornare il prima possibile i conti pubblici dentro i parametri di Maastricht (3% nel rapporto deficit/ Pil, 60% in quello debito/Pil), in modo da «evitare l’attacco dei mercati finanziari » ai titoli di stato di questo o quel paese. Con la probabilità assai concreta di aggravare la recessione, mentre tutti stanno lì a pregare per la «ripresa ». E se per l’Italia e i «mediterranei» l’immagine era già nota, per Gran Bretagna, Francia e Germania (sia pure conmanovre per ora assai più leggere) si tratta quasi di uno choc. Basti pensare che AngelaMerkel aveva vinto le elezioni promettendo una «riduzione delle tasse». Ora le aumenta, tagliando al tempo stesso la spesa statale. Il tutto avviene senza che nessuno, o ben pochi, ricordino il motivo dell’improvviso dissesto dei bilanci pubblici di paesi fino a ieri mattina «virtuosi »: il salvataggio del sistema finanziario. Insomma, di banche, fondi, speculatori vari, ecc, che ora vanno all’assalto dei loro «salvatori», attirati come sempre dall’odore del sangue. Altrui. La manovra italiana, non a caso, è quella più avvolta nel mistero. Oggi il governo dovrà illustrarla, quanto meno nelle linee generali, alle parti sociali e agli enti locali. Ma fino a ieri sera sono circolate soltanto voci e «bozze» smentite subito dopo la loro parziale
pubblicazione. Nel governo, in realtà, ci sarebbe stata una contrapposizione tra il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, e Silvio Berlusconi. Con il primo a pretendere non solo un ricavo finale di 24-25 miliardi, ma fatto con «interventi strutturali».Ovvero «macelleria sociale» a scapito di dipendenti pubblici, pensionati e pensionandi, spesa sociale, sanità, istruzione, ecc. Impagabile la tempestività del Pd, con Enrico Letta che invitava il governo a
«fare una manovra che comprenda riforme come il fisco e il welfare» (stesso ragionamento fatto da Vittorio Feltri, sul Giornale). Mentre il Cavaliere, fin qui «ottimista» fino al ridicolo, sarebbe preoccupato di non «mettere la faccia» su una manovra tutta lacrime e sangue. I sondaggi glielo sconsigliano. L’inevitabile (e temporaneo) prevalere del secondo ha quindi prodotto un girotondo di ipotesi e smentite, che probabilmente è servito anche a «sondare » l’umore dell’opinione pubblica e delle infinite controparti. Partorendo infine un provvedimento fatto, come al solito, di una pletora di misure tampone pensate per non irritare troppo chi dovrà pagarne il costo. L’unico problema è che il saldo finale è elevato; perciò a qualcuno (parliamo di interi settori sociali) piacerà davvero poco. La prima cassa, nella tradizione tremontiana, viene dall’ennesimo condono edilizio, chiamato pudicamente «regolarizzazione catastale». Punta a far registrare oltre due milioni di abitazioni su cui, fin dalla costruzione, non viene pagata alcuna tassa. Con la solita «una tantum» gli evasori si metteranno a posto. Per invogliarli a farlo, i comuni potranno incamerare il 33% delle «nuove fonti fiscali» scoperte nel frattempo. Unamisura decisiva a rabbonire gli amministratori locali, che si vedranno tagliare ancora una volta i finanziamenti (una cifra oscillante tra i 7 e i 10 miliardi in tre anni, a seconda delle «bozze» uscite finora). Sempre nell’ottica «federalista», nelle regioni del sud verrebbero sospese le tasse alle nuove imprese. Da propaganda di regime – stile «oro alla patria» – l’insistenza sul taglio del 10% agli emolumenti per ministri e sottosegretari; poi si scopre che riguarderà al massimo solo la parte eccedente gli 80mila euro annui. Conferme assolute riceve il taglio delle «finestre di anzianità» utili per andare in pensione (una sola l’anno, come nella scuola; da tre a nove mesi di lavoro in più), nonché la rateizzazione delle liquidazioni per i dipendenti pubblici. Ulteriori risparmi verrebbero da tagli alla spesa dei singoli ministeri, dalla riduzione delle consulenze e delle altre «spese di rappresentanza» (convegni, mostre, missioni, formazione, ecc). Blocco del turnover per altri tre anni: per cinque
che vanno in pensione entrerà soltanto una persona. A terra gli istituti di ricerca, con Isae, Isfol e altri enti che verranno sciolti e accorpati presso «altre istituzioni» (lasciando a spasso i precari, sia «storici» che di fresca assunzione). Caccia al «falso invalido», con almeno 100.000 controlli l’anno da assegnare all’Inps. La riorganizzazione degli enti previdenziali «entra e esce» dal testo, ma viene data ormai quasi per certa. Niente notizie, invece, sull’inasprimento fiscale a carico di bonus e stock option per megadirigenti. Qualche flebile segnale antievasione arriva dal recupero di una misura fortemente voluta da Vincenzo Visco (odiatissimo ministro del tesoro del centrosinistra): la «tracciabilità» degli assegni diventa obbligatoria al di sopra dei 5.000 euro (o 7.500, chissà). Ah, quante firme dovranno mettere i futuri Anemone per contribuire all’acquisto di altre «case Scaiola»...