7/1/2003 ore: 11:57

Super-bonus per ritardare la pensione

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Martedí 07 Gennaio 2003

Conti & Welfare

Super-bonus per ritardare la pensione

Le correzioni alla delega: nuovi sconti contributivi e fiscali per alzare del 30% il «reddito» di chi resta al lavoro

ROMA - Un maxi-bonus fiscale e contributivo per garantire una retribuzione maggiorata del 30% a chi deciderà di restare al lavoro ritardando il pensionamento. È questo il pilastro su cui poggia l'emendamento alla delega-Maroni sulla previdenza al quale stanno lavorando i ministeri del Welfare e dell'Economia. Una modifica che, prima di essere presentata in Parlamento, sarà illustrata (entro la fine di gennaio) alle parti sociali. Il meccanismo sarà affinato nei prossimi giorni sulla base delle valutazioni contabili che sta effettuando il Tesoro. Solo conti alla mano l'Esecutivo deciderà l'entità definitiva del super bonus da mettere a disposizione anzitutto dei lavoratori e, in parte, dei "datori". Ma due elementi appaiono già certi: il Governo punta su incremento (possibilmente) del 30% della pensione che verrebbe corrisposta a chi decidesse, avendone maturati i requisiti, di andare in pensione prima della "vecchiaia"; la strada che l'Esecutivo intende percorrere per correggere la delega resta quella di un rafforzamento degli incentivi già previsti. Anche se restano aperte due ulteriori opzioni: l'estensione a tutto campo del metodo contributivo e il ricorso a disincentivi. E soprattutto la prima vedrebbe favorevoli diversi esponenti dell'Esecutivo. Al momento, comunque, il Governo non è orientato a fare la prima mossa su questi due interventi. Ma è probabile che, almeno sul "contributivo", sia il Parlamento a tentare di emendare la delega: molto dipenderà dall'atteggiamento delle parti sociali. I nuovi incentivi. Il rafforzamento degli incentivi poggerebbe anche sull'abolizione dell'assenso obbligatorio del datore di lavoro (invece previsto dall'attuale versione della delega) alla permanenza in attività. In altre parole, la scelta volontaria di restare al lavoro dovrebbe essere libera da condizionamenti fino al 65° anno di età: solo superato questo limite la permanenza al sarebbe tassativamente vincolata al "via libera" del datore. Soglia unica di "vecchiaia". Su questo versante potrebbe essere introdotta un'altra novità, peraltro già parzialmente prevista dalla misura sulla liberalizzazione dell'età pensionabile contenuta nella delega: anche alle donne, per le quali l'età del pensionamento di vecchiaia è attualmente fissata a 60 anni (65 per gli uomini) la permanenza al lavoro dovrebbe essere garantita fino al compimento del 65° anno di età. Che diventerebbe, di fatto, il nuovo limite unico di vecchiaia. Decontribuzione graduale. Il Governo, come lascia intendere l'emendamento già presentato alla Camera sul rinvio di anno in anno alla Finanziaria della "copertura" della decontribuzione sui neo-assunti, sembra intenzionato a ricorrere a un taglio soltanto graduale delle aliquote contributive. Tfr ai fondi. Per Welfare ed Economia la destinazione del Tfr maturando ai fondi pensione dovrà essere obbligatoria. Ma su questo punto resta ancora da sciogliere il nodo delle compensazioni da garantire alle imprese. Le parti sociali. Sull'emendamento il Governo dovrà fare i conti con Confindustria e sindacati (Cgil, Cisl e Uil sono già contrarie alla decontribuzione»). Intanto ieri il presidente della Commissione Finanze della Camera, Giorgio La Malfa, ha detto che la riforma va fatto subito con l'abolizione delle "anzianità". Per l'ex premier Giuliano Amato è invece prioritario alzare l'età pensionabile.
MARCO ROGARI

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