6/7/2007 ore: 9:43
Tfr: come riparare ai guai del silenzio-assenso
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Tempo scaduto Tfr finito in linee a basso rendimento «La grande maggioranza dei lavoratori ha scelto di mantenere il Tfr in azienda — spiega Luigi Scimia , presidente della Covip , l’organismo di vigilanza sui fondi pensione — mentre il conferimento tacito dovrebbe riguardare il 10-12% del totale, vale a dire circa un milione di addetti. Se le adesioni esplicite alla previdenza complementare fossero intorno al 10%, sommando il 15 di lavoratori già iscritti ci si potrebbe avvicinare al 38-40% indicato dal governo come obiettivo per la fine dell’anno». E se questo traguardo non dovesse essere raggiunto? «Una quota complessiva inferiore al 30% rappresenterebbe un insuccesso della riforma — risponde Scimia — e allora bisognerebbe pensare altre soluzioni: per esempio la proposta, avanzata fra gli altri dal ministro degli Interni Giuliano Amato (padre della riforma previdenziale del 1993, ndr) di eliminare il carattere irreversibile dell’adesione tacita o esplicita ai fondi pensione. Senza dubbio questa norma è stata fra i fattori che hanno spinto molti lavoratori a mantenere il Tfr in azienda, considerato anche che quest’opzione si può invece cambiare in qualsiasi momento». La modifica normativa è stata lanciata in un’intervista a CorrierEconomia. Chi non si è mosso prima deve farlo al più presto, perché il conferimento tacito della liquidazione comporta solo svantaggi. L’adesione con questo sistema non dà diritto alla deducibilità sui contributi versati sino a 5.164,57 euro l’anno e non comporta l’obbligo della contribuzione a carico di lavoratore e azienda, in media l’1,2-1,5% della retribuzione. Il Tfr viene inoltre destinato a una linea che garantisca quantomeno la restituzione delle somme versate nelle ipotesi di pensionamento, decesso, grave invalidità permanente e disoccupazione superiore ai 48 mesi: nel 2006 i comparti di questo tipo hanno reso l’1% contro il 2,4% del Tfr in azienda (che si rivaluta con un tasso dell’1,5% più il 75% dell’inflazione), negli ultimi quattro anni il 10% contro il 10,8% della liquidazione. Rischiano, insomma, di avere una rivalutazione del Tfr inferiore a quella che la liquidazione avrebbe avuto se mantenuta in azienda. «In qualunque momento i silenti possono chiedere il trasferimento del montante individuale in un’altra linea d’investimento dello stesso fondo, più adeguata rispetto al proprio orizzonte temporale — spiega Sergio Corbello , presidente di Assoprevidenza — oppure a un altro strumento previdenziale. Versando il proprio contributo, inoltre, potranno ottenere, se previsto dagli accordi e contratti collettivi, anche quello dell’azienda». Gli iscritti silenti riceveranno una comunicazione dal fondo pensione cui è stato destinato il loro Tfr: per realizzare un’adesione esplicita dovranno compilare l’apposito modulo che può essere scaricato dal sito insieme alla nota informativa che illustra caratteristiche e costi della forma pensionistica. Ancora più incerta è la sorte dei lavoratori che non si sono pronunciati e rientrano in uno dei pochi settori non ancora coperti dalle casse previdenziali. Il loro Tfr, infatti, andrà a Fondinps, un fondo pensione di carattere residuale che dovrà essere costituito presso l’Inps: sinora, però, è una sorta di oggetto misterioso che comincerà a prendere forma con la nomina, prevista in questi giorni, dei consiglieri d’amministrazione. «Dovrà essere autorizzato dalla Covip e sarà soggetto alle stesse regole previste per gli altri, compresa la linea garantita — spiega Scimia — ma in questo caso si potrà chiedere il trasferimento a un altro strumento previdenziale solo dopo un anno». Esiste poi il problema di quel 60-70% di lavoratori che, se le previsioni saranno confermate, manterranno il Tfr in azienda e non avranno quindi alcuna previdenza integrativa: su di loro si concentreranno la seconda parte della campagna informativa istituzionale e gli sforzi organizzativi di fondi, compagnie d’assicurazione, banche, sim e sgr. «Attraverso gli appositi programmi di simulazione, questi lavoratori dovranno fare un approfondito esame della propria situazione e delle prospettive nel sistema previdenziale obbligatorio — spiega Corbello —. E quindi decidere se possono davvero fare a meno di un secondo pilastro integrativo». |