Torino. Addio Vagnino, storico marchio
venerdì 5 settembre 2003
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Addio Vagnino, storico marchio L´azienda vuole chiudere: già chiesto lo stato di liquidazione
La società, fondata nel 1922, ha un passivo di 440mila euro. A rischio 47 posti di lavoro. Uil in campo: "Vertenza dura" DAVIDE BANFO
ALLARME per i magazzini Vagnino e per uno storico marchio della città. La proprietà che fa capo alla famiglia che ha fondato nel ´22 l´attività ha annunciato lo scorso 1° luglio l´attivazione della procedura di liquidazione volontaria, deliberata con atto notarile nell´assemblea del 30 giugno. Tradotto dal linguaggio burocratico, l´azienda ha in pratica deciso la chiusura degli otto punti vendita specializzati in cancelleria e oggetti regalo e il licenziamento dei 49 dipendenti, scesi a 47 dopo due dimissioni volontarie. Una "mazzata" per il commercio torinese, un altra celebre griffe segnata dallo slogan "da Vagnino c´è" che rischia di scomparire. La Uil, il sindacato a cui sono iscritti 27 dipendenti, annuncia una serie di iniziative. «Non possiamo accettare un piano così drastico - dichiara il segretario generale del Commercio Uil Giannantonio Pezzetta - e non solo per il pesante effetto occupazionale. Che senso ha chiudere una società conosciuta da tutti i torinesi, soltanto perché nel 2002 ha perso 540mila euro, poco più di un miliardo di vecchie lire». Un interrogativo, quello di Pezzetta, condiviso anche dal segretario regionale della Cgil Marco Bertolotti: «Non si capisce perché un´azienda simile debba chiudere i battenti, rinunciando a cedere l´attività o a ridurre il deficit con un piano di ristrutturazione». Dubbi che il sindacato vuole chiarire coinvolgendo gli assessori al Lavoro del Comune e della Regione. «Nei prossimi giorni - continua Pezzetta- apriremo una vera e propria vertenza coinvolgendo la città e gli enti locali». Rimasta saldamente in mano ai discendenti del fondatore Francesco Vagnino, la società aveva attraversato negli ultimi anni fasi alterne. Cresciuta anche grazie alla diversificazione nel settore ufficio con la creazione del marchio King Mec, leader nei classificatori dox, Vagnino aveva accompagnato la crescita della città con l´espandersi dei suoi punti vendita. Alla sede originaria di via Lagrange, completamente ristrutturata nel 2001, si erano aggiunti i negozi in corso Francia, a Mirafiori ed in altre zone commerciali della città. Nell´aprile del 2002 era stato aperto l´ottavo punto vendita in via Cibrario, che si affiancava all´inaugurazione di un magazzino ad Aosta. Ad aprile di quest´anno le prime avvisaglie con la chiusura del punto vendita "San Secondo", ritenuto antieconomico per il suo volume d´affari ridotto. A giugno i contatti con i sindacati e l´apertura della vertenza nella sede dell´Ascom di via Massena. Sul tavolo del confronto sindacale ci sono le procedure di mobilità per i dipendenti, 17 dei quali della sede amministrativa di via Passo Buole. La restante forza lavoro è invece divisa tra gli otto magazzini. Il fatto che il numero degli addetti non superi la soglia dei 50 esclude il ricorso ai classici ammortizzatori sindacali. Al momento i 47 dipendenti verrebbero licenziati con la sola prospettiva di finire nelle liste di mobilità, dove altre aziende potrebbero assumerli con alcuni vantaggi fiscali. Ma come è possibile che Vagnino, seguendo l´esempio di altre aziende commerciali importanti come Servetti, sia arrivata a questo stato di crisi? Secondo Bertolotti della Cgil, la crisi di Vagnino va sicuramente ricercata «in alcune errori di gestione aziendale e nella pressione che nel settore esercita la grande distribuzione». Sul peso del costo del lavoro, motivazione ufficiale adottata dal liquidatore per giustificare la procedura, il segretario Uil Pezzetta ha più di una perplessità. «Vagnino è un´azienda storica che ovviamente ha al suo interno diverse professionalità e personale con una certa anzianità. Come sindacato ci siamo detti disponibili a trattare forme di flessibilità per ridurre questi oneri. La risposta dell´azienda, che solo pochi mesi fa pensava di aprire due nuovi punti vendita in corso Raffaello e a Biella, è stata quella della messa in liquidazione. Non vorremmo davvero che la proprietà tenti la solita operazione di liberarsi del personale per vendere l´azienda "nuda". Nei mesi scorsi è circolato anche il nome di un possibile acquirente, una società americana».
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