Torino. «Lavoratrici e madri vittime di mobbing»

24 Giugno 2004
TRE ANNI E MEZZO DI DENUNCE ALLO SPORTELLO APERTO DALLA CGIL «Lavoratrici e madri vittime di mobbing» Il 50 per cento dei casi segnalato alla Camera del lavoro da donne Il settore meccanico il più colpito, ma crescono i dipendenti pubblici «L’obiettivo delle aziende è uno solo: costringere alle dimissioni»
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Marina Cassi
I più maltrattati in una grande città industriale come Torino continuano a essere i metalmeccanici, ma nella triste classifica dei lavoratori più mobbizzati i dipendenti del pubblico impiego stanno scalando posizione su posizione e sono approdati al secondo posto superando di un soffio gli addetti al commercio.
Su 578 persone censite sulle 700 che si sono presentate in tre anni e mezzo allo sportello mobbing - gestito dall’associazione Risorsa in collaborazione con la Camera del Lavoro - 170 sono meccanici, 146 dipendenti della funzione pubblica, 138 del commercio, 19 chimici, 14 addetti di editoria e spettacoli, 11 bancari, 11 grafici, 9 informatici, 8 edili.
Luisa Marucco dell’associazione Risorsa e la segretaria della Camera del Lavoro Vanna Lorenzoni raccontano che l’obiettivo del mobbing è quasi sempre quello di indurre il dipendente a licenziarsi sopratutto «se si trova in particolari situazioni personali» come l’avere parenti disabili o figli.
Dice Lorenzoni: «E’ ormai evidente che c’è un attacco ai diritti delle lavoratrici madri; sono molte le aziende che creano problemi alle dipendenti quando tornano dal congedo di maternità e c’è una grande azienda privata che sistematicamente riduce le loro mansioni». E il peso delle donne nelle denunce per mobbing sale: ora sono il 50,9% di chi si rivolge allo sportello, ma considerando che le lavoratrici sono solo il 40% degli occupati in Piemonte è evidente che il fenomeno le colpisce in modo particolare.
Il mobbing - che nel 57% è “verticale” cioè esercitato da un superiore e nel 33% sia orizzontale sia verticale - non risparmia quasi nessuno e colpisce impiegati (53% dei casi), operai e intermedi (33%), quadri e dirigenti (10%).
Arriva anche dopo anni di normale lavoro e si scatena in oltre la metà dei casi quando il capo se ne va e ne arriva un altro o quando il lavoratore si ammala o subisce un infortunio e viene giudicato un peso.
Chi denuncia le sue sofferenze allo sportello parla di umiliazioni, violenze verbali, demansionamento, inviti alla dimissioni, accuse di incapacità, isolamento, sottrazione di strumenti di lavoro, mancanza di informazioni, forzata inattività.
Il sindacato sceglie di solito la strada morbida, cerca un incontro con l’azienda e opera per individuare una via di uscita che faccia cessare il mobbing e consenta al lavoratore di non perdere il posto. Su 250 casi in cui lo sportello è intervenuto in 35 la mediazione è stata raggiunta e la persona ha potuto ricominciare a lavorare.
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