Silenzio-assenso insidioso per i lavoratori. Non manifestare la scelta sulla destinazione del proprio tfr, infatti, attiverà automaticamente un piano di previdenza integrativo nel fondo pensione istituito presso gli istituti previdenziali obbligatori, ma senza vincolo di contribuzione né personale (dei lavoratori) né del datore di lavoro. Quindi meno conveniente rispetto alle altre forme di previdenza complementare (fondi pensione o polizze individuali con finalità previdenziali). È quanto potrebbe risultare dalla nuova disciplina sulla previdenza complementare, in elaborazione presso la cabina di regia incaricata di redigere il provvedimento attuativo della legge n. 243/04 di riforma delle pensioni e di cui ItaliaOggi ha anticipato ieri alcuni contenuti. Il trasloco del tfr
Una delle novità della riforma del pilastro integrativo delle pensioni concerne il trasferimento del trattamento di fine rapporto in una delle possibili forme di previdenza complementare: fondo pensione (chiuso o aperto) o polizza assicurativa con finalità previdenziale (fip, pip ecc.).
Il passaggio non riguarderà il tfr già accumulato che sarà liquidato normalmente alla cessazione del rapporto di lavoro (dimissioni o licenziamento), ma unicamente le quote maturande ossia quelle cui avranno diritto i lavoratori a partire dall'entrata in vigore della nuova disciplina.
I principi di delega preservano, in qualche modo, la libertà dei lavoratori che potranno liberamente opporsi al trasloco del tfr o scegliere a quale forma pensionistica destinarlo.
Il meccanismo
La legge n. 243/04 di riforma delle pensioni detta il meccanismo operativo del trasferimento del tfr ai fondi pensione. Si tratta, al momento, di principi che attendono di essere tradotti in disposizioni e solo da allora diverranno esecutivi, cioè vincolanti per i lavoratori.
In primo luogo, stabilisce il conferimento delle quote di tfr maturando alle forme pensionistiche complementari, salvo diversa esplicita volontà espressa dal lavoratore, con garanzia per il lavoratore di avere un'adeguata informazione su tipologia, condizioni per il recesso anticipato e rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali è ammessa l'adesione, nonché sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il trattamento di fine rapporto lavoro.
In secondo luogo, richiede l'individuazione di forme tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto lavoro (sempre per le quote maturande) a fondi pensione istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazione pubblica, qualora il lavoratore non esprima la volontà di non aderire e non abbia esercitato la facoltà di scelta in favore di nessuna forma pensionistica complementare.
In terzo luogo, prevede la costituzione presso enti di previdenza obbligatoria (Inps, innanzitutto) di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute.
Il meccanismo che sarà così delineato, infine, contemplerà dei termini. I lavoratori, infatti, potranno manifestare le proprie intenzioni circa la destinazione del tfr entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma della disciplina dei fondi pensioni per coloro che siano titolari di un rapporto di lavoro alla medesima data, altrimenti entro sei mesi dalla data di assunzione.
Il silenzio-assenso
Il meccanismo, dunque, tra le possibili alternative contempla quella del silenzio assenso. Stando alle bozze del provvedimento attuativo, in fase di studio, il silenzio-assenso opererebbe qualora il lavoratore non dovesse manifestare alcuna indicazione sulla destinazione del proprio tfr. Sul punto, tuttavia, si presentano diversi problemi operativi. Prima di tutto, si rende necessario la definizione di una scala gerarchica tra le varie forme pensionistiche per risolvere i possibili casi di compresenza di più fondi pensione per uno stesso lavoratore. La soluzione sembrerebbe essere quella di privilegiare i fondi collettivi di categoria. E ciò si pone in evidente contrasto con il principio, sempre dettato dalla legge n. 243/04 di riforma, che vuole invece la piena equiparazione tra tutte le forme pensionistiche integrative.
Più interessanti sono le conseguenze per i lavoratori che, con il silenzio-assenso, vedranno deviare il proprio trattamento di fine rapporto nei futuri fondi integrativi che verranno istituiti presso gli istituti di previdenza obbligatoria. In questi casi, infatti, i principi delega della legge n. 243/04 prevedono solo il trasferimento delle quote di tfr, nulla prevedendo in merito alle contribuzioni che, ordinariamente, sono versate sia dal lavoratore che dall'impresa ai fondi pensione o alle polizze individuali previdenziali. Un aspetto questo che non può sottovalutarsi, ove si stia valutando l'ipotesi di ritrovarsi una rendita integrativa nel futuro accanto alla pensione pubblica. E potrebbe rappresentare, dunque, un elemento fortemente intrigante al principio di libertà sull'adesione alla previdenza complementare. (riproduzione riservata)
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