19/2/2001 ore: 10:02

Treu: Concertazione utile allo sviluppo

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    Concertazione utile allo sviluppo
    di Tiziano Treu*
    La concertazione sociale in auge fino a qualche tempo fa, è oggi di nuovo al centro di controversie sindacali e politiche. Le controversie non si sono sopite neppure dopo i ripetuti appelli del Presidente Ciampi che ha giustamente ricordato i meriti della concertazione. La verità è che i dissensi espressi dai leaders politici, sindacali e confindustriali non riguardano la concertazione come metodo, ma soprattutto i suoi contenuti politici e il ruolo delle parti sociali.
    In effetti in questo decennio la concertazione è stata piena di contenuti politici. A partire dal 1992-93, è servita soprattutto a stabilizzare la nostra economia, contribuendo al rigore economico necessari per il risanamento del nostro Paese, e alla moderazione. Il problema centrale è se questo metodo può servire altrettanto bene oggi che la fase di stabilizzazione economica si è avviata, se non conclusa, cioè se può contribuire alla fase di sviluppo e modernizzazione della nostra economia. Qui si incentrano i contrasti.
    Il disaccordo fra le parti sociali e all’interno del sindacato riguarda tutti i temi cruciali: come e quanto liberalizzare (ancora) il mercato del lavoro, (nonché il mercato dei prodotti e i servizi); come combattere il sommerso; come riorganizzare la contrattazione collettiva, cioè quanto spazio dare alla contrattazione aziendale; come riformare il Welfare, le pensioni, quelle pubbliche e quelle complementari.
    Le divisioni sindacali pesano quanto il contrasto con le posizioni aziendali: tanto è vero che non solo la Confindustria ma anche gli altri sindacati accusano la Cgil di veti pregiudiziali. Si evocano accordi separati, una eventualità rimossa da decenni nelle nostre relazioni industriali.
    In un contesto politico bipolare la concertazione può essere preziosa, perché tende a ridurre le distanze fra i poli politici e promuove scelte bypartisan. Se viceversa non riesce a comporre il dissenso fra le parti sociali e all’interno di queste il metodo non funziona. Invece di aiutare politiche bypartisan, rischia di acuire il contrasto anche politico.
    È quanto sta avvenendo da almeno due anni. Il legame del sindacato con la politica è sempre difficile. In Italia si è accentuato troppo negli ultimi tempi. Come conseguenza si sono create difficoltà crescenti "da sinistra", a un Governo già non abbastanza autorevole per guidare la concertazione invece di subirla.
    Le confederazioni, soprattutto la Cgil, dovrebbero ricordare l’esperienza britannica, dove le rigidità e l’eccessiva condizionamento delle Trade Unions sul Labor Party, hanno contribuito alla sconfitta politica di questo. E la sua ripresa è avvenuta solo dopo molti anni dopo un indebolimento drastico del sindacato da parte delle politiche Thatcheriane e con la rifondazione del New Labor da parte di Blair.
    Le cattive condizioni della concertazione in Italia si toccano con mano guardando all’episodio che ha acceso la controversia: il recepimento della direttiva comunitaria sui contratti a termine. Si tratta di una direttiva non particolarmente conflittuale; tanto è vero che è stata approvata da Governi europei con maggioranze politiche molto diverse. E concordata da parti sociali pure di orientamento diverso. Anche in Italia le parti sociali sembravano arrivate a un passo dall’accordo. Dal punto di vista strettamente sindacale, il tema dunque non si prestava a tanta drammatizzazione. Evidentemente hanno pesato altre posizioni, di natura politico-ideologica.
    Nei casi di impasse della concertazione spetta al Governo aiutare o spingere le parti a superarla. Ma per questo occorre un autorevolezza riconosciuta, che al momento non sembra acquisita. E l’autorevolezza è tanto più necessaria al Governo per assumere decisioni proprie, necessarie in caso di persistente dissenso fra le parti.
    La crisi attuale non autorizza tuttavia a ritenere che la concertazione sia morta. Non è vero che essa vada bene solo per i periodi di emergenza al fine di "addolcire" i sacrifici e che non sia utile nei periodi di crescita, per orientare lo sviluppo e la modernizzazione. Esistono esempi in altri paesi, dall’Irlanda alla Spagna, in cui la concertazione è stata usata anche a questi fini. L’Unione europea ha sottolineato l’utilità generale della concertazione, riconoscendola a livello costituzionale, e imponendo alle istituzioni comunitarie di ricorrere a questo metodo prima di decidere in materia.
    Ma la concertazione è utile, se non si limita a vuote declamazioni, ma riesce a produrre risultati concreti sui temi della crescita e dello sviluppo, per renderlo più forte e insieme più equo. Di questa capacità occorre dare prove altrettanto concrete e convincenti anche per l'opinione pubblica.
    È essenziale che oggi le due coalizioni politiche si esprimano nel merito dei temi della concertazione, che toccano punti essenziali di ogni programma di governo. Solo così possono fornire termini di riferimento utili agli elettori e alle parti sociali. Dichiarare le proprie intenzioni su questi punti non è evidentemente sufficiente; anche qui l’utilità si misura dai comportamenti. Ma dichiararsi senza equivoci è comunque una premessa necessaria per non oscurare l’utilità della concertazione e per non favorirne le degenerazioni in pratiche consociative.
    Un ultimo punto sarà decisivo: il livello della concertazione. Questa non può essere condotta solo sul piano nazionale, come è stato finora. Al centro si possono definire solo gli indirizzi di massima delle politiche sociali ed economiche. Le materie decisive per lo sviluppo e per la gestione dei principali temi sociali, dal lavoro, all’assistenza, alle pensioni integrative, sono affidate sempre più alle competenze regionali e territoriali.
    La debolezza nella fase implementativa, e la mancanza di radici sul territorio sono stati altri punti deboli dei grandi patti degli anni 90. Erano poco importanti finché si trattava di politiche dei redditi, che sono di applicazione automatica; ora sono diventati ulteriori fattori di crisi della concertazione.
    *Deputato della Lista Dini
    Sabato 17 Febbraio 2001
 

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