2/3/2005 ore: 11:30

Tutti gli uomini di Rifondazione nella Cgil

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    mercoledì 2 marzo 2005
      ASSISE 1. IL RAPPORTO TORMENTATO TRA L’EX BERTINOTTI E IL NUOVO SINDACATO
        Tutti gli uomini di Rifondazione nella Cgil
          «Nel rapporto con la Cgil, gli schieramenti congressuali non contano», dice una voce. «Il Prc userà il suo rapporto di ritrovata intesa cordiale con la Cgil per avere più forza e titoli all’atto della stesura del programma dell’Unione e nel rapporto con Prodi», dice un altra. Rifondazione è davanti a un bivio, nei suoi rapporti con il più grande sindacato italiano. Rapporto che non è fatto solo dello storico asse privilegiato con la Fiom, federazione dove il Prc ha le sue roccaforti, specialmente a Nord (Brescia su tutti). Gli uomini di fiducia di Bertinotti dentro la Cgil sono due: il segretario nazionale Fiom Giorgio Cremaschi, reduce dalla battaglia condotta a Terni con la Thyssen, e Ferruccio Danini, membro della segreteria Spi Cgil. Nelle mozioni di minoranza, invece, il punto di riferimento è Gigi Malabarba, ieri leader Cobas all’Alfa di Arese, oggi senatore del Prc e alla guida della mozione di minoranza «Erre», che rivendica la maggioranza dei voti congressuali alla Fiat Mirafiori (ma i bertinottiani rispondono snocciolando i risultati di altri luoghi operai simbolici, della Fiat come di Terni).

          «Lavoratori e quadri del partito di tutte le mozioni non saranno disposti ad accettare», spiega Malabarba, «la liquidazione di una battaglia organizzata dentro la Cgil». Il timore è che l’attuale componente di minoranza, «Lavoro e società», il cui leader è Gianpaolo Patta, in vista del prossimo congresso della Cgil vada a un accordo con la maggioranza di Epifani. E verso un’idea di sindacato concertativo e aconflittuale. Senza contare le punture di spillo come la formalizzazione di «Lavoro e società» dentro la Fiom: una super-minoranza che servirebbe a dare fastidio ai rifondaroli doc. «Oggi, sulla guerra come sulla critica alla globalizzazione, sull’abrogare la legge 30 come sulla battaglia per il recupero del potere d’acquisto di salari e pensioni, siamo sulla stessa lunghezza d’onda», spiega Augusto Rocchi, segretario della Federazione milanese del Prc ed ex segretario della Camera del Lavoro, un bertinottiano di ferro che ha condotto una lunga battaglia contro la Cgil di Cofferati e la sua idea di conquista del territorio della sinistra ma partendo da posizioni moderate. «La sua Cgil era a favore della guerra in Kosovo e non c’era a Genova...», ricorda). La speranza è «contaminare» tutta la Cgil della linea rivendicativa baricentro della politica Fiom. Oggi, dunque, i bertinottiani si sentono molto più garantiti dal ruolo “autonomo” e di proposta programmatica che porta avanti la Cgil di Epifani che da altri, nell’Ulivo. Resta il dubbio se dare o meno vita a una corrente interna, minoritaria ma visibile, che dia battaglia in vista del prossimo congresso. Della Cgil, non del Prc. «Mai del rapporto con il sindacato si è parlato così poco come in questa fase congressuale», lamenta Malabarba. Eppure Bertinotti assurse a gloria nazionale proprio quando ruppe l’unanimismo storico della Cgil per dare vita a «Essere sindacato» e arrivò a dare vita a una vera «Area programmatica dei comunisti», nella Cgil, dice Malabarba.

          Tentativo poco felice che accentuò ancora di più la diaspora della sinistra comunista interna alla Cgil. Dalle ceneri di «Essere sindacato» nacque «Alternativa sindacale», ma la confluenza tra i bertinottiani e gli uomini di Patta, oggi segretario nazionale Cgil, funzionò poco e male. Patta teorizza l’autonomia del soggetto sindacale dai partiti politici (escluso qualche flirt, rientrato, con i Comunisti italiani di Diliberto), Bertinotti la loro contaminazione. Nelle categorie, quando bisogna eleggere un esponente della minoranza è difficile che «Lavoro e società», che conta il 18%, indichi un esponente del Prc, assente anche nella rosa della segreteria confederale. Qui l’uomoz forte è Paolo Nerozzi, che sta con il correntone Ds ma teorizza il grande abbraccio della Cgil con Rifondazione per spostare a sinistra l’asse dell’Unione. Ma una Cgil «concertativa», priva di un’opposizione interna organizzata, è pensabile? No, e non solo per le mozioni di minoranza. La battaglia, per il Prc, è appena cominciata.

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