14/10/2004 ore: 11:36

Una famiglia su cinque è povera

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            giovedì 14 ottobre 2004

            Secondo l’Istat sono due milioni e 360mila i nuclei in stato di disagio: in tutto quasi sette milioni di persone, il 10,6 % della popolazione
            Una famiglia su cinque è povera
            La situazione più grave nel Mezzogiorno, ma al Nord peggiorano le condizioni degli anziani

            Luigina Venturelli


            MILANO Una famiglia italiana su cinque è povera. Secondo le rilevazioni dell’Istat, infatti, sono 2 milioni e 360mila i nuclei familiari che vivono in condizioni economiche disagiate, vale a dire il 10,6% di quelli residenti nel nostro Paese. Complessivamente si tratta di 6 milioni 786mila di persone, che corrispondono all’11,8% dell’intera popolazione.

            La stima relativa al 2003 si basa su una soglia convenzionale che individua un valore di spesa per i consumi pari a 869,50 euro al mese: al di sotto di tale cifra diventa un problema serio soddisfare i bisogni minimi di ogni giorno. Sul totale delle famiglie considerate il 7,9% sono a forte rischio povertà, il 5,7% vivono in situazioni difficili con consumi inferiori alla linea fino al 20%, mentre il 4,9% sono estremamente povere, con consumi inferiori al margine di riferimento fino all’80%.


            Una situazione che conferma i dati drammatici già rilevati nel 2002, ma che presenta due novità: il peggioramento della condizione degli anziani al nord (la percentuale di famiglie povere tra le coppie con almeno una persona di 65 anni ed oltre è aumentata di due punti percentuali, attestandosi al 9,3%) e il leggero miglioramento delle famiglie numerose al centro (scende di cinque punti la percentuale di nuclei con cinque o più componenti considerati poveri).


            Le categorie più a rischio continuano ad essere le famiglie numerose, gli anziani, le persone escluse dal mercato del lavoro e con un basso livello di istruzione e quelle residenti nel Mezzogiorno. Al Sud, infatti, si concentra il 65,6% delle famiglie povere (1 milione 548mila), contro il 24% del Nord e il 10,4% del Centro: il record negativo spetta alla Sicilia con il 25,5%, seguita dalla Basilicata (25,1%) e dalla Calabria (24%), mentre le regioni meno povere sono il Veneto (4%) e la Lombardia (4,5%).


            Le famiglie numerose, con cinque o più componenti, presentano ovunque livelli di povertà elevati: tra queste ultime oltre un quinto risulta povero, ma nel Mezzogiorno la cifra si attesta addirittura intorno al 30%. Anche nel Nord le famiglie con tre o più figli mostrano una condizione di disagio, con un’incidenza dell’11% quasi tre volte superiore a quella delle famiglie con un solo minore (3,8%). È inoltre povero il 28% delle famiglie che ha per capo una persona in cerca di occupazione e il 33,4% di quelle con al proprio interno due o più componenti senza lavoro.


            Dati allarmanti, di fronte ai quali il governo ha comunque trovato la forza di festeggiare. Il sottosegretario al welfare Maurizio Sacconi ha parlato di «esito positivo, poichè la povertà relativa è scesa rispetto all’11% del totale», nonostante l’Istat stessa abbia chiarito come il lieve calo non sia significativo, anche per effetto degli errori campionari. Stessa faccia tosta ha avuto la sua collega di gabinetto Grazia Sestini, che ha fotografato la situazione come «tempo sereno tendente al bello». Un’esultanza che dimentica la totale assenza di politiche mirate alla cura del malessere e che trascura le rilevazioni sui redditi, come la diminuzione dei depositi bancari registrata dalla Banca d’Italia, che attestano come le famiglie siano state costrette ad intaccare i loro risparmi o ad indebitarsi per far quadrare i bilanci di casa.


            Molto dure le reazioni da parte dell’opposizione. «Il rapporto Istat sulla povertà - ha affermato Mimmo Lucà, responsabile movimenti e diritti della segreteria nazionale Ds - conferma dopo tre anni di governo Berlusconi la realtà di un paese nel quale crescono le disuguaglianze sociali, si accentua il divario tra nord e sud, si fa più acuta la condizione degli anziani, delle famiglie con figli, dei giovani in cerca di lavoro. Una realtà da cui emerge drammaticamente la fatica di milioni di lavoratori e di pensionati per arrivare alla fine del mese».

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