Una maxi-dote per i patronati
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Nel 2002 gli istituti previdenziali assicureranno 303 milioni di euro, 78 in più rispetto a quest'anno
 Una maxi-dote per i patronati Con la legge entrata in vigore nella primavera scorsa sono cresciute competenze e contributi pubblici
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MILANO - Una dote di oltre 303 milioni di euro (587 miliardi di lire), 78 in più (circa 151 miliardi di lire) rispetto all'anno precedente. La riforma, dunque, fa bene ai patronati. A pagarne il prezzo più elevato sarà l'Inpdap: nel bilancio preventivo 2002, alla voce "Contributi a favore degli Istituti di patronato e assistenza sociale", l'Istituto di previdenza delle pubbliche amministrazioni stanzia 83,3 milioni di euro (161,3 milioni di lire), una cifra dieci volte superiore rispetto a quella stanziata nel 2001. E mentre il carico per l'Inps aumenta "solo" di cinque milioni di euro e l'Inail - sempre stando ai preventivi - risparmierà addirittura 1,4 milioni di euro, il finanziamento complessivo (pari appunto a oltre 303 milioni di euro nel 2002) resta comunque assolutamente positivo per i 23 patronati destinatari degli aiuti: quelli legati a Cgil, Cisl e Uil possono vantare una capillare presenza in Italia e anche postazioni all'estero. Ecco il prezzo del rilancio di questi istituti. Un'operazione che passa attraverso una legge - la 152/2001 approvata nella primavera scorsa - che ha radicalmente cambiato il sistema di finanziamento, destinato a incrementare di anno in anno in modo rilevante (78 milioni di euro in più nel 2002) le risorse agli enti di patronato. I quali, tra l'altro, proprio grazie a quella legge, non vivono soltanto con i trasferimenti pubblici garantiti dal prelievo sui contributi versati agli Istituti previdenziali, ma possono anche ricevere eredità, donazioni, legati e lasciti, erogazioni liberali, sottoscrizioni volontarie, bonifici e anticipazioni dei soggetti promotori, quali i sindacati dei lavoratori dipendenti e autonomi. Maggiori anche le competenze e le altre entrate connesse. I patronati possono per esempio svolgere «attività finalizzate all'espletamento di pratiche con le pubbliche amministrazioni e con le istituzioni pubbliche e private e al conseguimento delle prestazioni e dei benefici contemplati dall'ordinamento amministrativo, nonché stipulare convenzioni con centri autorizzati di assistenza fiscale già costituiti». I contributi derivanti da convenzioni con la pubblica amministrazione non concorrono alla formazione del reddito. Gli enti di patronato sono poi autorizzati (sulla base di specifiche intese) ad accedere alle banche dati degli Istituti erogatori delle prestazioni. Il costo dell'attività di contenzioso, invece, viene in parte posto a carico degli utenti (non partecipano alle spese legali i cittadini meno abbienti), secondo tariffe "privilegiate" negoziate con avvocati di fiducia. Competenze e benefici secondari non ancora misurabili in soldoni. Intanto, però, dai bilanci degli Istituti di previdenza e di assistenza si possono quantificare i primi benefici "ordinari" della nuova legge. Si tratta appunto del principale metodo di finanziamento che, con la riforma, ha assunto una configurazione più solida e definita. Il meccanismo consiste in un'aliquota dello 0,226% sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dai più importanti enti pensionistici. Di diverso rispetto al passato c'è che la percentuale è aumentata ed è diventata fissa, mentre non è più necessario un decreto di Tesoro e Lavoro per determinarla annualmente. Inoltre, la base contributiva imponibile si è allargata alle prestazioni pensionistiche dell'Inpdap che prima erano escluse in quanto l'Istituto previdenziale dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni pagava il contributo ai patronati solo con riferimento alle indennità di fine servizio. Il complesso dei finanziamenti di Inps, Inail e Inpdap viene ripartito tra i 23 patronati in base a due parametri: il 10% in riferimento alla presenza organizzativa, il resto in base all'attività svolta. Marco Peruzzi Giovedí 13 Dicembre 2001
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