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Intervento F. Martini II^ Assemblea Camere del Lavoro, 11-12/01/2011

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II^ Assemblea Nazionale delle Camere del Lavoro
Chianciano, 11 e 12 gennaio 2011


Intervento di Franco Martini, Segretario Generale FILCAMS CGIL

Nell’ascoltare gli interventi che in questi due giorni hanno raccontato le tante e diverse esperienze delle nostre Camere del Lavoro e delle strutture regionali, esce fuori un messaggio importante per tutti noi: si può fare! Non è vero che esiste solo la rassegnazione, non è vero che il nostro futuro potrà essere solo quello della strenua ed incerta difesa di quello che siamo stati fino ad oggi. C’è tanta iniziativa, ci sono tante rinnovate energie, c’è tanta nuova combattività, che noi non possiamo e non dobbiamo disperdere.
Naturalmente, questo presuppone la capacità della Cgil, di tutto il suo gruppo dirigente, a tutti i livelli, di sapersi mettere in discussione, di saper riconoscere che si impongono lenti nuove per leggere quello che sta accadendo intorno a noi, risposte nuove, maggiore coraggio nello sperimentare nuove vie, che fino a ieri mai avremmo pensato di poter percorrere. L’abbiamo detto tante altre volte, ma il fatto è che non potremo ripetercelo all’infinito, perché l’infinito non esiste. Sono scomparse civiltà che hanno fatto la storia dell’umanità; quella stessa storia non sarà più clemente con la Cgil, se noi non sapremo percorrerla con la necessaria intelligenza e mettendo in gioco quella che rappresenta la forza maggiore di cui disponiamo, l’intelligenza collettiva, lo stare insieme, con tutte le differenze e le diversità che ci caratterizzano.

Dunque, si può fare, non è vero che non si può; ma molto ancora dobbiamo fare, molto più di quanto questa stessa assemblea sta raccontando in questi due giorni.
Faccio un esempio: una delle parole chiavi di questa assemblea è Territorio, assieme all’altra, importantissima, che è sociale.
Se qualcuno di noi pensasse che ci stiamo occupando di una delle specializzazioni del nostro lavoro, appunto, la contrattazione territoriale e sociale, e da domani, dopo aver ripassato questa lezione ed essersi dati i compiti per casa, tornare alle “altre” discipline specialistiche (la contrattazione nazionale, o aziendale di categoria), avremmo dimostrato di non aver capito di quale sfida stiamo parlando. Oggi, il territorio, rappresenta il principale crocevia delle dinamiche e dei processi, che descrivono l’agire contrattuale del sindacato, non più solo del sindacato più contiguo alla dimensione sociale, ma, innanzitutto, quello chiamato a misurarsi con i processi produttivi.
Guardiamo al terziario. Abbiamo quasi tutti i rinnovi contrattuali aperti (ed in alto mare); abbiamo decine di vertenze aziendali dagli esiti difficili ed incerti; abbiamo il tema del lavoro, dell’occupazione, che si propone in termini inediti dal passato. Ebbene, bisogna che si sappia, nel nostro caso, che una parte consistente dei problemi che siamo chiamati a risolvere, per rinnovare un Ccnl, per offrire una soluzione ad una azienda in difficoltà, chiedono risposte che possono venire solo fuori dal nostro luogo di lavoro, che possono venire da una azione contrattuale territoriale che intervenga su scelte di sviluppo e di organizzazione dei servizi, che non possono essere affrontate singolarmente dalle categorie.

Susanna, nella relazione, ha fatto uno degli esempi più eclatanti da questo punto di vista, sul quale abbiamo avviato una riflessione comune con altre categorie, il tema degli appalti. E’ del tutto evidente che sul contratto delle imprese di pulizia in appalto si scaricano le conseguenze di un sistema di regole, che deve essere condizionato dall’esterno. Il Ccnl, diventa spesso l’ultimo anello della catena.

Ma ancora più eclatante è l’esempio del settore della grande distribuzione, che in queste settimane sta occupando la cronaca per la questione della liberalizzazione delle aperture domenicali e festive. Orario di lavoro, pause, diffusione abnorme dei contratti flessibili e precari, permessi, sono temi analoghi a quelli che hanno appassionato Marchionne in queste settimane e sono temi del nostro Ccnl. Ma nel nostro caso, il “nostro” Marchionne non potrebbe essere affrontato con successo se il sindacato non avesse in campo una iniziativa contrattuale, appunto, territoriale, per affermare una nuova programmazione degli orari commerciali, in assenza della quale, la liberalizzazione si scaricherebbe sul Ccnl, piegando le resistenze che noi possiamo opporre. E quella contrattazione si rivolge non solo all’impresa, poiché, abbiamo la gara tra i sindaci più famosi e “moderni” d’Italia a chi apre di più, la domenica, e tutte le feste comandate. Anche per questo, la Filcams Nazionale ha lanciato una campagna nazionale contro la liberalizzazione delle aperture domenicali e festive e per la difesa del valore storico-culturale di quelle che definiscono l’identità del nostro Paese (25 aprile, 1 maggio), che si concluderà il 1 maggio ed alla quale chiederemo il contributo di tutte le strutture provinciali e regionali della Cgil.

Ma il Marchionne della Grande Distribuzione Organizzata pretende maggiore flessibilità, piena liberalizzazione nel governo degli orari, dei turni, delle festività, perché la sua fabbrica, la sua “Mirafiori”, risponde ad un modello distributivo che ha scelto lo sviluppo dei grandi formati distributivi quale modello prevalente e forse unico. Ma non l’ha fatto da solo, l’ha fatto con le decine e decine di amministrazioni comunali che hanno assecondato l’abbandono delle città, dei centri urbani, per aprire quei centri commerciali, che impongono un target di consumatore stereotipato, difficilmente coincidente, ad esempio, con una persona anziana che vive in città. Ed anche difficilmente coincidente con i bisogni della donna che lavora in quel centro commerciale, poiché privi spesso dei necessari servizi sociali, in grado di favorire la conciliazione dei tempi di vita con quelli del lavoro.

Senza una contrattazione territoriale, che intervenga su questi processi “esterni” alla nostra fabbrica, che affermi una nuova cultura del consumo sostenibile, nel momento in cui un quarto della spesa natalizia è finita nelle pattumiere, facendo esplodere la contraddizione tra spreco e consumismo; che affermi una nuova nozione di servizi essenziali, oltre il corporativismo e l’egoismo dei singoli settori; la Filcams non potrà mai vincere le proprie battaglie per la tutela delle condizioni di lavoro e per la dignità delle persone che lavorano nel settore.


E questa contrattazione territoriale non deve essere vissuta come un revival dei vecchi tempi, ma come la giusta declinazione delle sfide più attuali, imposte dalla globalizzazione, dove la forza competitiva delle imprese non può essere scissa, né raggiunta senza una analoga e prioritaria forza competitiva del territorio. E questo vale non solo per i servizi o il terziario, ma anche per i più tradizionali settori manifatturieri.

Per questo vorrei dire che, se è vero che la Fiat parla a questa assemblea, è vero anche il contrario, che questa assemblea parla alla Fiat e a tutti coloro che condividono e sostengono una risposta alla crisi ed alle sfide globali, comprimendo il lavoro e la democrazia, ed espellendo il sindacato (o i sindacati) che si candidano a rappresentare e difendere l’uno e l’altra.

Però dobbiamo essere onesti fra noi, non basta dire che la Cgil, che si chiami Filcams, Fiom o in qualunque altro modo, non è il sindacato che difende solo l’esistente, ma che fa anche le proposte, perché questo significa ammettere che abbiamo perso molto tempo in questi anni, siamo spesso arrivati in ritardo, siamo ancora oggi troppo lenti e poco conseguenti, ed il mondo non aspetta la risoluzione delle nostre beghe interne.
E poi, significa essere consapevoli che la partita più impegnativa la dovremo giocare nel momento peggiore, avendo contro quasi tutto ed occorre, dunque, essere, certamente determinati, ma anche umili, perché non è in gioco il nostro destino, ma quello di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori. Per questo è bene compiere fra noi un importante atto di onestà intellettuale e dire che da soli non ce la potremo fare, io almeno lo dico, per la parte che rappresento, il che non vuol dire che ci arrendiamo ad un volo a bassa quota, ma che dobbiamo rinunciare all’autosufficienza, che non consentirà a nessuno di vincere queste sfide.

E se questo vale per il rapporto tra la Cgil e gli altri, figurarsi quanto valga fra di noi. Non so se abbiamo la giusta voglia di ascoltarci, ma dobbiamo farlo, altrimenti è difficile capirsi e stare insieme in questa battaglia.
Vi faccio un esempio: il movimento cresce, cresce il malessere, crescono le lotte, in questi casi capita di troverci a discutere della necessità dello sciopero generale, quale momento di unificazione delle lotte. Figurarsi se ci sottrarremo a questa scelta, quando la riterremo opportuna, l’abbiamo sempre fatta. Ma evitiamo la contraddizione di un gruppo dirigente che chiede alla piazza di unire questo fermento e che al proprio interno non sa tenere insieme esperienze diverse, bisogni diversi, che non sa fare sintesi, che non sa ascoltarsi!

Ed allora, se qualcuno ha voglia di ascoltare, sappia che il ricatto non è solo quello del referendum imposto da Marchionne, ma quello che vivono tutti i giorni migliaia di lavoratrici e lavoratori che non hanno la possibilità di stare insieme in un unico contenitore, ma che sono dispersi nella galassia della solitudine del lavoro. Se c’è una lavoratrice ed un lavoratore che ha bisogno di noi, della Cgil, è proprio quello che maggiormente vive la condizione di ricatto. Ed anche quello che voterà in queste ore a Mirafiori, sotto ricatto, magari pensandola come noi su quell’accordo, avrà bisogno di noi al suo fianco, proprio perché è ricattato, proprio perché si fiderà di noi e se noi non saremo lì con lui lo metteremo in ancora più gravi difficoltà, negandogli anche una credibile, quanto difficile, prospettiva di risalita.

Di questo parla la nostra esperienza e quando penso a come poter tenere insieme questi mondi, trovo una risposta più convincente di altre: la Fiat è un problema che mi riguarda, che riguarda anche la Filcams, che sarà impegnata a fianco della Fiom e della Cgil per sostenere le ragioni del no. Ma i problemi del mondo disperso, dei lavoratori che vivono la solitudine è un problema che deve riguardare anche le altre categorie. Ce lo chiedono le nostre donne delle imprese di pulizia, che vivono la condizione perversa del lavoro in appalto, come ce lo chiedono le guardie giurate; ce lo chiedono le ragazze ed i ragazzi dispersi nelle centinaia di migliaia degli studi professionali, come i migranti delle imprese esternalizzate del settore alberghiero; ce lo chiedono le ragazze degli ipermercati, come quelli del terziario avanzato, traditi dalla propaganda berlusconiana sulla “I” di innovazione, che non c’è mai stata.
Ce lo chiedono soprattutto i giovani, il cui futuro dipende sempre più dalla nostra volontà di stare dentro la giungla della precarietà sociale e del lavoro, per aprire loro col machete un passaggio verso un progetto esistenziale, ad oggi negato.

La Fiat è anche un problema mio e della Filcams, ma vorremmo che in qualche stabilimento dell’industria manifatturiera, ogni tanto, venisse diffuso un volantino di solidarietà con la lotta delle donne delle imprese di pulizia o delle mense, che ancora non hanno visto rinnovato il loro Ccnl.

Sono convinto che questa Cgil farebbe più paura a chi vuol male al Paese. Sicuramente, sarebbe una Cgil che farebbe molto bene a tutti coloro che non si sono ancora rassegnati all’idea del declino.
Noi vogliamo essere questa Cgil!