23/1/2012 ore: 8:15

"Siamo senza riposo dal 27 novembre"

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Torino: Chiamatela la serrata delle serrande. E` quella dei negozi dei centri commerciali della provincia di Torino: luci spente, cartelli di protesta in molte shopville dìssemìnate attorno al capoluogo. Nel mirino della protesta è finito il premier Monti, parafulmine del decreto che ha liberalizzato le aperture domenicali degli esercizi commerciali. Un dato su tutti: «Dal 27 novembre al 14 gennaio abbiamo lavorato tutti i giorni, fatta eccezione per Natale e Santo Stefano» racconta la commessa del negozio Robe di Kappa del centro commerciale "Le Porte" di Moncalieri. Due giorni di riposo negli ultimi 47. Un tour de force che alla luce delle nuove regole in materia di apertura rischia di non essere più un`eccezione, ma dì diventare perenne. Perché se è vero che l`adesione all`apertura è volontaria, c`è un retroscena che sembra vincolante molto píù delle carte bollate. Lo spiega Mauro Carbutto, dirigente provinciale della Confesercenti: «I centri commerciali sono consorzi formati da tutti i titolari dei negozi. Conta di più, dunque, chi detiene la maggioranza. Chi ha più azioni decide cosa fare. Molto spesso il 51% è in mano alle piastre alimentari. Se loro scelgono di aprire, bisogna accodarsi. Ecco a questo non ci stiamo. E` un`imposizione inaccettabile». Difatti Carrefour e Ipercoop erano accessibili al pubblico anche ieri. Non cosi per i negozi delle gallerie collegate. A «Le Porte», alcuni tra i principali marchi hanno tenuto le serrande abbassate: Sisley, Benetton, Robe Di Kappa, Yamamay, Art Decò. «Chiediamo scusa alla nostra clientela, ma siamo chiusi perché impossibilitati a organizzare i turni lavorativi e per mancanza di personale». La scelta di aprire tutti i giorni dell`anno «è una deregulation che non è in vigore nemmeno in Francia e in Germania». Proteste anche di fronte alle Gru con uno slogan uguale per tutti: «Siamo qui per riprenderci la nostra vita». Ieri erano in 50 tra titolari di negozi e sindacalisti di Grugliasco e Beinasco: «Anche se mi dessero il doppio di stipendio - ammette Rosetta Gallicchio di Orogiallo
- io non lo vorrei, invece chiedo che mi ridiano le domeniche, da trascorrere con i miei figli». E distribuiscono volantini per sensibilizzare chi viene a fare acquisti. «Perché senza di loro non vi è ragione di tenere aperto» spiega Elisabetta Mesturino, segretario di Filcams-Cgil. Invece ieri Le Gru è stata di nuovo presa d`assalto. «Sono 2700 persone chiamate a fare turni forzati - ammette Luca Sanna Cgil - e per lo più sono donne, spesso anche monoreddito, che temono di perdere il posto». E qualcuna già sente il fiato sul collo. «Qualcuno parla di licenziamenti, per via dei costi aumentati dalle aperture - ammette Giuseppina Sgroi - e per me, a tre anni, dalla pensione sarebbe un guaio enorme». Ma se i dipendenti piangono i titolari di negozi non ridono. «Si deve tornare alla proposta di 23 aperture - sostiene Marco Bellagamba della tabaccheria dell`Ipercoop di Beinasco -. Così non è sostenibile. I miei figli li vedo pochi minuti la sera quando rientro e loro stanno per andare a dormire».