24/2/2023 ore: 13:52

Da Snaitech provvedimenti illeciti e discriminatori, sentenza a favore di una lavoratrice

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Un contenzioso lungo un anno, che ha visto alla fine il Tribunale del Lavoro di Lucca emettere una sentenza dirimente, che condanna l'operato dell'azienda e riconosce i diritti di una lavoratrice.

Le parti in causa sono la Snaitech S.p.A. e una dipendente che si era vista trasferire lontano da casa: una richiesta illecita, chiarisce la sentenza, ma anche discriminatoria nei confronti della lavoratrice.

Ad essere spedita a lavorare addirittura in un'altra regione era infatti una lavoratrice in forza al call center che si è trovata, a causa di problemi di salute, a non poter più usare la voce in modo continuativo per il tempo richiesto dal suo turno di lavoro. In un primo momento le è stato permesso di dividersi tra call center e back office, fino a che un certificato medico ha chiarito, a maggio dello scorso anno, che le ore al telefono non potevano essere più di due. A questa situazione si era aggiunto nel frattempo un congedo parentale di quattro mesi necessario a far fronte a serie difficoltà familiari legate alla salute della madre. Da Snaitech è arrivato allora un aut aut: valutare una buonuscita o essere trasferita in un'agenzia di scommesse, proposta impugnata dal sindacato e mai formalizzata. È arrivato invece un cambio di orario di lavoro, che andava a includere anche i festivi e, non molto tempo dopo, la richiesta formale di trasferimento all'ippodromo di Montecatini, soluzione che avrebbe creato chiare difficoltà alla lavoratrice sul fronte familiare. Di fronte a un rifiuto l'azienda ha rilanciato e a giugno la destinazione del trasferimento è diventata Roma: o Roma, o niente lavoro.


L'assistenza legale fornita dalla Filcams Cgil di Lucca ha portato alla prima sentenza favorevole di novembre, confermata poi a gennaio, che sancisce la mancanza di una documentazione sufficiente a validare le ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del trasferimento richiesto dall'azienda, che andava invece a minare le condizioni economiche e la qualità della vita della lavoratrice. Il tribunale ha riconosciuto anche un disegno discriminatorio nelle iniziative prese di volta in volta dalla Snaitech - cambi di mansione e trasferimenti - per scoraggiare una lavoratrice con forti difficoltà personali e portarla a rinunciare al posto di lavoro: a fronte di problemi di salute di carattere transitorio, la minaccia di licenziamento appariva un provvedimento drastico e definitivo, liquidatorio.

La storia, però, non è ancora chiusa. Dopo il pronunciamento del tribunale la lavoratrice era stata reintegrata dall'azienda in telelavoro e introdotta a un percorso formativo, ma dopo il comunicato stampa diffuso dai sindacati le è stato comunicato che non potendola trasferire a Roma e in ragione del suo stato di salute, l'avrebbero trasferita a Porcari, togliendole telelavoro e relativa indennità e affidandole una mansione che non aveva mai svolto in precedenza, addetta alla logistica amministrativa.


Il modus operandi dell'azienda, per quanto limitato dai paletti posti dalla sentenza, sembra essere sempre lo stesso e puntare quanto possibile a creare disagio alla lavoratrice. E il suo caso non è l'unico.

"Nell'ambito di quella che ha definito una ristrutturazione aziendale, Snaitech ha cominciato a trasferire dipendenti in sedi diverse - spiega Massimo Dinelli, segretario generale Filcams Cgil Lucca - in genere persone con difficoltà o semplicemente con famiglia e figli piccoli, che non avrebbero potuto affrontare uno spostamento a Milano o altrove. Erano licenziamenti simulati, come dimostrava poi la seguente offerta di buonuscita, neanche particolarmente generosa".

La lavoratrice di cui stiamo parlando è stata tra quanti hanno detto no. "La sentenza ha confermato le reali intenzioni dell'azienda - aggiunge Dinelli - ma la vera vittoria non è tanto il fatto che il giudice abbia dichiarato illegittimo il trasferimento, ma che vi abbia riconosciuto un provvedimento discriminatorio e ritorsivo, una cosa gravissima. È necessario contestare queste imposizioni e capire che, anche quando sembra difficile, è ancora possibile alzare la testa e tutelare il posto di lavoro. Noi non ci fermeremo e contesteremo anche questo ultimo provvedimento discriminatorio nelle sedi opportune".