24/5/2018 ore: 12:36

Dall’Europa arriva l’invito a garantire più diritti ai lavoratori domestici conviventi

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Oltre la metà dei lavoratori domestici in Italia lavora senza un contratto regolare, circa il 75% degli addetti è donna, straniera e proviene in gran parte dai paesi dell’Est Europa. Il dato è emerso nel corso del convegno promosso dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) e svoltosi nei giorni scorsi a Roma, nella sede del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).

L’attenzione dei rappresentanti dei tanti paesi europei partecipanti si è focalizzata su lavoratrici e lavoratori conviventi con la persona assistita, evidenziando pesanti carenze in tema di diritti sociali e del lavoro; carenze che per quanto riguarda la condizione italiana vengono acuite da una inadeguata spesa pubblica a sostegno delle famiglie che devono ricorrere a cure di questa natura. A questo proposito la situazione dell'Italia rappresenta un esempio indicativo: aumenta infatti il numero di lavoratori domestici in una società in rapido invecchiamento e il sistema di previdenza nazionale non è in grado di soddisfare la crescente domanda di assistenza, costringendo le famiglie ad addossarsi quasi completamente l'onere della spesa sanitaria.

“Il rapporto di lavoro in convivenza con la persona da accudire – ha detto nel suo intervento Luciana Mastrocola della Filcams CGIL – comporta per le lavoratrici addette una serie di criticità, prima tra tutte la difficoltà di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Di fatto questo tipo di lavoro viene svolto quasi esclusivamente da lavoratrici immigrate, che vivono così situazioni di solitudine, lontane dai propri affetti, con difficoltà linguistiche e di inserimento nei contesti sociali.”

Mastrocola ha inoltre puntualizzato che le lavoratrici, straniere o italiane che siano, non godono in Italia della piena tutela dei diritti sociali riconosciuti alla generalità delle altre categorie professionali, e manca il riconoscimento sociale del loro lavoro, che oggi è diventato indispensabile in quanto sopperisce alle carenze del sistema sanitario e previdenziale italiano.

“Il governo italiano non ha avviato – ha concluso la rappresentante Filcams Cgil – l’attuazione di politiche sostenibili con sufficiente anticipo. Se vogliamo stare al passo con la domanda di cure e assistenza, dobbiamo riconoscere i diritti di questi lavoratori”.

In Italia la prima legge per la tutela del lavoro domestico retribuito risale al 1958 e il primo contratto collettivo speciale al 1974. Il paese, inoltre, ha ratificato la convenzione n. 189 dell'OIL sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici nel 2013. Nello stesso anno i sindacati e le associazioni di datori di lavoro hanno sottoscritto il contratto collettivo del lavoro domestico.

Intervenendo all'incontro, Sabrina Marchetti, docente associata all'Università Ca' Foscari di Venezia, ha messo in evidenza la forte necessità di misure inclusive per i migranti di paesi terzi, sollecitando un “adeguamento del contratto collettivo italiano agli articoli della convenzione n.189 dell'OIL, in particolare per quanto riguarda i diritti alla maternità e il congedo di malattia per tutti i lavoratori del settore”.

L’incontro di Roma rientra tra le iniziative "Going local" del CESE che danno seguito al parere d'iniziativa del Comitato sui diritti dei lavoratori conviventi prestatori di cure e assistenza, adottato nel settembre 2016, che costituisce il primo documento politico a livello dell'UE ad occuparsi di questi lavoratori in Europa. Per lungo tempo, infatti, tale categoria è rimasta quasi completamente invisibile ai radar dei responsabili politici dell'Unione europea e degli Stati membri. L'obiettivo degli incontri è di far luce sulla situazione precaria di questa categoria nei mercati del lavoro europei, ma anche sulle numerose incertezze che devono affrontare i beneficiari di cure e assistenza che spesso si affidano a reti informali o ad Internet per reperire questi lavoratori. L’Istat, l'Istituto nazionale di statistica, ha recentemente certificato che l'Italia è il secondo paese "più vecchio" al mondo: ciò significa che la domanda di cure e assistenza non può che aumentare. Per questo servirebbe che tutto il peso, anche economico dell’assistenza, non ricadesse più sulle famiglie, introducendo (è stato proposto dai rappresentanti dei datori di lavoro domestici) la totale deduzione del costo del lavoro domestico, che creerebbe un circolo virtuoso di maggiore occupazione regolare, maggiore professionalità e benessere per le famiglie.

A conclusione dell'incontro è stato formalizzato l’invito a tutte le parti interessate a dare attuazione al principio 18 del pilastro europeo dei diritti sociali (l'assistenza a lungo termine) prima che sia troppo tardi. In base a tale principio “ogni persona ha diritto a servizi di assistenza a lungo termine di qualità e a prezzi accessibili”.