4/10/2021 ore: 12:52

I furbetti di Auchan

Il Tribunale di Torino impone il reintegro dei lavoratori rimasti esclusi dalla cessione di ramo d’azienda

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Il mondo è stato talmente tanto stravolto dalla pandemia che i ricordi dei mesi prima dell’emergenza sanitaria sono labili e sembrano molto lontani, ma la storia di Auchan è ancora attuale, purtroppo, nonostante sia iniziata due anni fa.
Era il maggio del 2019 quando Auchan annunciava di lasciare il territorio italiano. Il marchio francese della grande distribuzione che nel nostro paese aveva trovato fortuna con il format dell’ipermercato decideva di cedere la rete di punti vendita a Conad, e far gestire il passaggio dei lavoratori alla nuova società Margherita Distribuzione creata per l’occorrenza.
I timori dei sindacati sono stati tanti sin da subito, ma la principale preoccupazione era il passaggio degli oltre 18mila dipendenti, che al di là di quanto millantato da Auchan, non sarebbe stato così semplice e automatico per tutti.
Con un accordo dell’aprile 2020 si chiedeva a Margherita di prendersi in carico e trovare una ricollocazione anche ai dipendenti che rimanevano fuori dal trasferimento, o perché appartenenti ad un punto vendita non ceduto o perché in esubero di personale nei nuovi negozi Conad.
Ma la realtà è stata ben altra, come racconta Sara, lavoratrice dell’ipermercato Auchan di corso Romania a Torino, il punto vendita più grande e più vecchio d’Italia, inaugurato nel 1989. Nell’ottobre del 2020 l’insegna cambia e diventa Conad, ma dei 260 dipendenti solo 150 sono stati richiamati. 
“Più di un centinaio di persone restano fuori dal passaggio e l’azienda approfitta della pandemia per trasformare la cassaintegrazione per ristrutturazione in cassa covid” racconta Sara. 
Le difficoltà vengono affrontate in maniera diversa, e mentre alcuni accettano l’incentivo all’esodo (un’annualità), altri, come Sara, decidono di rivendicare i propri diritti e far applicare la legge secondo la quale non si può escludere alcun dipendente dalla cessazione di ramo d’azienda (art. 2112 del Codice Civile).
“Siamo in 29, la fase preparatoria è molto lunga: la raccolta dei documenti per costruire il deposito da presentare al giudice non è facile e va affrontata con accuratezza”, ma la fatica e l’impegno hanno dato buoni frutti e il 24 settembre è arrivata la sentenza del tribunale di Torino che ha imposto la reintegra di tutti i lavoratori. 
“Con questa ordinanza” spiega Sara, “abbiamo bloccato quella che sarebbe potuto essere un'occasione per svecchiare il personale e abbassare i costi dei dipendenti, lasciando a casa chi era ritenuto troppo costoso, perché inquadrato con contratti senza domeniche, festivi, notturni e art.18, troppo anziano o con patologie."
Purtroppo in questa situazione in molti hanno deciso di abbandonare il mondo del lavoro e per la maggior parte sono state le donne, altri hanno accettato carichi di lavoro peggiorativi e abbiamo perso anche molti delegati, ma è una sentenza che può essere di monito ad altre aziende che avrebbero potuto fare lo stesso.” 
Sara e i suoi colleghi ora sono ufficialmente dipendenti Conad a partire dal 20 novembre del 2020, l’azienda dovrà versare loro il dovuto e attivarsi per far prendere servizio a tutti. 
Una bella soddisfazione, nonostante l’amarezza e le difficoltà degli ultimi mesi, che vanno ben oltre la pandemia.